Perché quando si parla di carne andate fuori di testa?
By Veggie Pride Staff on Monday, November 2 2015, 13:38 - Permalink
fonte: dudemag.it Perché quando si parla di carne andate fuori di testa? di Edoardo Vitale
Da un punto di vista antispecista, il rapporto pubblicato dall’OMS riguardo l’aumento del rischio di ammalarsi di cancro consumando carne lavorata o carne rossa, è del tutto irrilevante.
L’antispecismo è un’ideologia che rifiuta l’antropocentrismo e la discriminazione di specie, e mira a fornire gli strumenti per creare un’armonia tra la specie umana e le altre specie viventi del pianeta, in termini di libertà, sfruttamento e violenza. Il veganesimo è solo una conseguenza politica e filosofica dell’antispecismo, per questo l’attuale dibattito sulle ripercussioni che ha la carne per la salute umana è pressoché inutile, se non addirittura controproducente, ai fini dello sviluppo di una coscienza collettiva più sensibile alle sorti del mondo animale e dell’ambiente, in relazione all’incidenza umana su di esse.
Per chi si impegna a sollevare la questione del maltrattamento e dello sfruttamento degli animali – trattandosi di una scelta etica e di una lotta per i diritti al pari di tutte le altre nel campo del progresso civile – la notizia che sta occupando tutto il dibattito pubblico in questi giorni e che ha monopolizzato le spiccate doti intellettive degli addetti all’ironia sui social, lascia parecchio sgomenti per le propagazioni in chiave individualistica e inutilmente allarmista e per tutte le strumentalizzazioni salutiste o anti-salutiste di sorta che ha suscitato.
Il punto è che da tutta la vicenda risulta quasi imbarazzante la totale assenza di una qualunque considerazione sulla provenienza della carne in questione (e della carne tutta), ovvero: gli animali uccisi, che senza il bisogno di particolari studi o calcoli elaborati, dovrebbero essere circa il 100% di quelli che mangiate.
Da un punto di vista antispecista, il rapporto pubblicato dall’OMS riguardo l’aumento del rischio di ammalarsi di cancro consumando carne lavorata o carne rossa, è del tutto irrilevante.
L’antispecismo è un’ideologia che rifiuta l’antropocentrismo e la discriminazione di specie, e mira a fornire gli strumenti per creare un’armonia tra la specie umana e le altre specie viventi del pianeta, in termini di libertà, sfruttamento e violenza. Il veganesimo è solo una conseguenza politica e filosofica dell’antispecismo, per questo l’attuale dibattito sulle ripercussioni che ha la carne per la salute umana è pressoché inutile, se non addirittura controproducente, ai fini dello sviluppo di una coscienza collettiva più sensibile alle sorti del mondo animale e dell’ambiente, in relazione all’incidenza umana su di esse.
Per chi si impegna a sollevare la questione del maltrattamento e dello sfruttamento degli animali – trattandosi di una scelta etica e di una lotta per i diritti al pari di tutte le altre nel campo del progresso civile – la notizia che sta occupando tutto il dibattito pubblico in questi giorni e che ha monopolizzato le spiccate doti intellettive degli addetti all’ironia sui social, lascia parecchio sgomenti per le propagazioni in chiave individualistica e inutilmente allarmista e per tutte le strumentalizzazioni salutiste o anti-salutiste di sorta che ha suscitato.
Il punto è che da tutta la vicenda risulta quasi imbarazzante la totale assenza di una qualunque considerazione sulla provenienza della carne in questione (e della carne tutta), ovvero: gli animali uccisi, che senza il bisogno di particolari studi o calcoli elaborati, dovrebbero essere circa il 100% di quelli che mangiate.
In realtà anche all’interno della sfera animalista, non c’è un totale accordo sulle conseguenze della classificazione della IARC (l’agenzia interna all’OMS che classifica le sostanze chimiche in relazione al rischio che provochino tumori). C’è chi sostiene che la diminuzione del consumo di carne – pare che solo in questi giorni sia calato del 20% – sia comunque un risultato positivo e l’inizio di un cambiamento più grande, come avvenne negli anni ’60 quando si iniziò a parlare della dannosità delle sigarette, mentre c’è chi la considera solo una psicosi momentanea che non aiuterà affatto a sensibilizzare l’opinione pubblica su tutto quel che accade nell’industria animale.
Al di là di questo, molti hanno sottolineato quanto fosse una notizia che circolasse già da tempo e che pur essendo uno studio parziale, che non stabilisce nulla di definitivo né obbliga a sancire alcun tipo di normativa sanitaria o alimentare, i toni e le attenzioni eclatanti riservate da tutti i media siano stati quelli delle grandi occasioni, con tanto di forzature, numeri sparati a caso e titoli strappa-clic che paragonano la carne al tabacco o che davano praticamente già per spacciato chiunque avesse mai assaggiato un würstel.
Anche in questo caso le opinioni degli attivisti riguardo la crescente attenzione dei mezzi di informazione e il modo in cui vengono trattate notizie legate all’alimentazione sana o etica, sono discordanti: è bene che se ne parli in qualunque modo, perché vuol dire che qualcosa sta lentamente cambiando, o bisogna fare delle distinzioni altrimenti c’è il rischio di sminuire delle tematiche serie e ridurle a un fenomeno di tendenza passeggera, intriso di retorica e prove costume?
Quel che è certo è che ormai nessun grande quotidiano manca della sezione “salute e benessere” o “ambiente”, con tanto di sfondo verde e immagini enfatiche di agnelli felici, tofu, semi vari, alberi. Notizie simili a quella della ricerca dell’OMS escono quasi ogni settimana, con differenti tagli e differenti argomentazioni, l’ultima che mi viene in mente è di un paio di settimane fa e riguarda l’allarme per l’abuso di antibiotici negli allevamenti, che attraverso il consumo di carne ridurrebbero l’effetto dei farmaci sull’uomo, causando migliaia di morti ogni anno.
Poco più di un mese fa sul Guardian, un articolo di ben altro taglio e ben altra ispirazione, diceva senza mezzi termini che gli allevamenti sono il più grande crimine della storia, argomentando all’interno del pezzo perché si tratti di una questione da affrontare con urgenza e elencando una serie di studi scientifici che dimostrano che quel che l’uomo fa agli animali è semplicemente atroce ed evitabile. Anche in questo caso il dibattito è stato lungo e non privo di polemiche.
Solo oggi, scorrendo sulla mia bacheca Facebook, tralasciando i post ironici in coda alla presunta carne cancerogena (che sono innumerevoli), ho avuto modo di leggere notizie riguardanti: il divieto di tritare i pulcini in Germania, la caccia agli orsi in Florida sospesa dopo due giorni e 298 animali uccisi, qualche rimasuglio di notizia legata ai formaggi che creano dipendenza, un’agenzia Ansa con un titolo che esordisce così: “Allarme carni”, e poi parla di caffè, la notizia sul pesto che causa danni all’ambiente, la nuova tendenza del “respirianesimo”, ovvero la dieta senza cibo
Su Sky Tg24 è andato in onda verso metà ottobre Forks over Knives, un documentario di Lee Fulkerson sul legame tra cibo e malattie, escono in continuazione libri che trattano il tema del veganesimo, indistintamente contrari o favorevoli, tutti con una tesi nuova, un dato scientifico nuovo, un’esperienza personale nuova, e per chi non lo sapesse esiste anche una web serie dedicata al tema, uno dei pochi tentativi riusciti di fare informazione in maniera distensiva e autoironica, si chiama Vegan Chronicles. Ricordo un articolo di qualche mese fa uscito su Wired proprio per il titolo inutilmente violento, che parlava di fine di una “guerra” tra vegetariani e riduzionisti (o reducetariani). Insomma, in un modo o in un altro tutti affrontano il tema, che sia in maniera ironica o costruttiva, che sia una denuncia o un consiglio per una dieta bilanciata.
Lontano o meno dalle cause antispeciste, utile o pretestuoso che sia, il tema è in qualche modo diventato intrattenimento, termine con il quale intendo dire in maniera velatamente provocatoria che ogni volta che si parla di animalismo, veganesimo, alimentazione sana (pur non essendo tutti temi sullo stesso piano o in coerenza tra loro), si crea un interesse particolare, che provoca automaticamente polemiche e ironie, commenti velenosi sotto agli articoli, sarcasmo e insulti reciproci, che tradotto in termini mediatici ed editoriali significano pubblico e quindi mercato. Quest’ultimo episodio ne è solo la conferma, tant’è che mentre scrivo questo articolo, l’hashtag #carnerossa non si è schiodato dai trend topic di Twitter dove domina da giorni, i post ironici o polemici o contro-polemici su Facebook hanno continuato a susseguirsi: tra gli altri adesso gira una simpatica immagine con della pancetta con la forma del fiocchetto rosso generalmente utilizzato per la lotta contro l’AIDS
Tenendo ben presenti le dinamiche tipiche della comunicazione del giorno d’oggi, che contemplano l’iper-satira, il cinismo dissacrante, l’esasperazione della notizia e anche la parte più violenta della libertà d’espressione, senza la pretesa di abbozzare qui un trattato amatoriale a riguardo, sarebbe interessante scoprire qual è l’origine del primato della “carne” – e di tutte le derivazioni ideologiche che ingloba – nella speciale classifica dell’infervoramento da polemica, che supera per distacco il coinvolgimento che suscitano altre tematiche simili, che riguardino indistintamente diritti civili, etica o salute.
Andrebbe fatto uno studio approfondito e una classificazione dettagliata. Magari l’OMS potrebbe tornare utile.