Vegefobia a Wall Street

Dal Daily News di New York, 29 gennaio 2009:

A Wall Street, un impiegato vegetariano protesta contro il suo ex-capo maschilista: a suo dire, lo importunava dandogli dell'"omosessuale" ed accusandolo di non voler mangiare la bistecca con gli altri ragazzi.

wall_street.png

Ryan Pacifico ha intentato causa a Calyon in the Americas, accusando il suo ex-boss presso la compagnia francese di atteggiamenti machisti nel suo team finanziario e di averlo schernito per il fatto di non mangiare carne e di portare pantaloncini aderenti durante le gare di triathlon.

"Il mondo della finanza è certamente un mondo maschile - afferma Pacifico - ma non mi sarei mai aspettato che qualcuno pensasse che essere vegetariano equivale ad essere gay, o di essere costantemente preso in giro".

Ventottenne proveniente da Long Island, Pacifico ha lavorato a Manhattan come addetto al commercio estero per la compagnia dal 2005, fino al suo licenziamento nel marzo scorso.

La causa per discriminazione intentata da Pacifico, registrata presso la Corte Suprema di Manhattan, sostiene che la compagnia ha inventato menzogne sulle sue prestazioni lavorative per licenziarlo, mentre il vero motivo era il suo vegetarismo, percepito come prova di omosessualità dal suo capo Robert Catalanello.

"Hanno associato l'essere vegetariano all'essere gay - sostiene Rick Ostrove, il legale di Pacifico - L'idea che solo i veri uomini mangiano la carne è un ridicolo stereotipo machista".

Un portavoce di Calyon in the Americas non ha risposto alla nostra richiesta di commenti.

Pacifico è sposato ed ha offerto carne al suo matrimonio l'anno scorso.

Le presunte offese di Catalanello sono l'oggetto di nove pagine di denuncia, in cui il capo è accusato di aver detto "chi c***o se ne frega" quando un altro operatore finanziario aveva chiesto cosa avrebbe mangiato Pacifico durante un'uscita in bisteccheria.

"Colpa sua se è un gay vegetariano", avrebbe risposto Catalanello, secondo l'accusa, che lo incolpa di aver anche sbeffeggiato Pacifico nel marzo scorso durante una conversazione sulle bisteccherie.

Catalanello è accusato di aver detto: "Non mangi neanche le bistecche, quand'è che ti sei accorto di essere gay?"

Pacifico, che è vegetariano da 15 anni, dice di non aver mai immaginato di dover mangiare carne per andare d'accordo con i suoi "virili" colleghi: "Mangiare gli animali mi sembra una cosa da pazzi".

Sullo stesso argomento, leggi l'articolo del New York Post.

Molta gente non riesce a concepire che qualcuno possa semplicemente decidere di non mangiare gli animali e per questo tenta di spiegare tale "stranezza" collegandola con altre presunte forme di "devianza". In generale, chi rifiuta la carne è considerato un sentimentalone ipersensibile, un bambino troppo cresciuto, e siccome nella nostra società i pregiudizi patriarcali sono ancora molto forti e radicati, il vegetarismo è tollerato ancora meno negli uomini che nelle donne.

Diversi commenti all'articolo sul sito del giornale ritengono ridicola, se non pretestuosa, la causa intentata da Pacifico: anche questa è una manifestazione di vegefobia, purtroppo molto diffusa tra i vegetariani stessi, che spesso minimizzano, o addirittura negano, le diverse forme di discriminazione di cui sono l'oggetto. In casi come questo, si ritiene che il problema non sia la maleducazione del carnivoro, ma la suscettibilità del vegetariano. Però, se ad essere preso in giro fosse per esempio un individuo di pelle nera invece di un vegetariano, nessuno oserebbe accusarlo di essere troppo permaloso. Come mai un insulto vegefobico è percepito in modo meno grave di un insulto di altro tipo? Probabilmente perché si stabilisce una differenza tra il vegetarismo, gesto scelto in modo consapevole, e la diversità fisica (sessuale, etnica...), identità che non fa capo ad una scelta. In altre parole, si lascia intendere che se il vegetariano è deriso è un po' colpa sua, perché la sua "diversità" se l'è voluta lui; in fin dei conti è uno stravagante, e se qualcuno glielo fa notare non ha il diritto di prendersela. Tale ragionamento torna solo a condizione che gli animali ne restino assenti, ovvero solo quando il vegetarismo viene inteso come uno "stile di vita personale". Ma nel momento in cui si precisa che "vegetariano = vegetariano per gli animali", e che quindi ogni insulto vegefobico racchiude in realtà l'affermazione che la vita degli animali non vale nulla, diventa chiaro che la posta in gioco è ben più alta della suscettibilità personale, e che se la vita degli animali ci sta a cuore è giusto e doveroso che casi come quello di Ryan Pacifico vengano resi pubblici e denunciati.

They posted on the same topic

Trackback URL : http://it.vegephobia.info/index.php?trackback/8

This post's comments feed